Vaccini anti SARS-CoV- 2 e varianti virali


Nel novembre 2019, un coronavirus ha fatto il suo passaggio dal pipistrello all’uomo. Da quel momento, ha continuato ad adattarsi generando una serie di varianti; il mondo si chiede se queste nuove varianti sfuggiranno agli anticorpi indotti dal vaccino.

La protezione contro COVID-19 è in gran parte mediata da una riposta immune diretta contro la proteina Spike (S): tale proteina è responsabile del legame del virus alle cellule ed è il bersaglio degli anticorpi neutralizzanti (NAb). Per quanto non ancora rigorosamente dimostrato, la maggior parte dei ricercatori ritiene che i NAb indotti dalla vaccinazione siano protettivi contro COVID-19. I NAb si legano alla Proteina S del recettore virale (Receptor Binding Domain, RBD), impedendo al virus di attaccarsi al corrispondente recettore ACE2 delle cellule umane. Varianti della proteina S possono favorire la diffusibilità, sia per una maggiore affinità per il recettore ACE2 sia per alterazioni della struttura della proteina S; in tal modo viene ad essere compromesso anche il legame con i NAb e, per estrapolazione, anche l’efficacia del vaccino. 

Le mutazioni si verificano tipicamente sotto la pressione selettiva da parte di anticorpi che limitano, ma non eliminano, la replicazione virale. In tali condizioni il virus potrebbe trovare il modo di sfuggire, ripristinando la sua capacità di riprodursi in modo più efficiente. Poiché tale evenienza può verificarsi quando la risposta immunitaria non è ottimale, è molto importante che non venga allungato l’intervallo di somministrazione tra le due dosi di vaccino.

L’evoluzione biologica del virus si sta oramai diffondendo a livello globale. Il primo importante cambiamento si è verificato a inizio pandemia, quando il ceppo originale è stato sostituito dalla variante denominata D614G. La mutazione di tale variante è situata a livello della proteina S, e tale modifica aumenta la diffusibilità del virus; nonostante ciò la variante non è “sfuggita al riconoscimento” da parte degli anticorpi neutralizzanti, ma ciò è comunque un avvertimento che tale evento possa verificarsi.

Nell’agosto 2020, nel Regno Unito si è diffusa molto rapidamente un’altra variante (variante inglese) nota come B.1.1.7, identificata peraltro anche in altri Paesi: è caratterizzata da una modifica (N501Y) della proteina Spike, che sembra aumentare ulteriormente la trasmissibilità di SARS-CoV-2, anche se in modo lievemente diverso di D614G. Per quanto riguarda la vaccinazione, non pare venga influenzato il legame con gli anticorpi neutralizzanti: gli anticorpi presenti nel siero di vaccinati con vaccini Pfizer e Moderna sono infatti in grado di neutralizzare virus con modifica (N501Y) della proteina Spike.

Variante più preoccupante è stata identificata in Sud Africa, denominata N501Y.V2 (o B.1.351), e parente stretta di tale variante è stata identificata in Brasile.  Il ceppo N501Y.V2 possiede molte più modifiche rispetto alle varianti D614G e B.1.1.7: cambiamenti di sequenza sono situati dentro o vicino al RBD, inoltre coinvolgono anche un altro target degli anticorpi neutralizzanti (dominio N- terminale). Il posizionamento di tale mutazione preoccupa molto chi è impegnato nella ricerca sui vaccini; in laboratorio si sarebbe dimostrato che la sequenza N501Y.V2 riduce, anche se modestamente, l’efficienza di neutralizzazione da parte di NAb indotti dal vaccino mRNA, e che NAb indotti dal vaccino Moderna sarebbero sei volte meno attivi verso ceppi N501Y.V2 (B1.351) Non è chiaro se la  ridotta efficienza di neutralizzazione incida sull’efficacia del vaccino;  vaccini mRNA inducono sia cellule T helper virus-specifiche che cellule T citotossiche, e ambedue i tipi sono coinvolti nei meccanismi di protezione. Vaccini a mRNA inducono una forte risposta NAb, per cui potrebbe esserci abbastanza “capacità di riserva” per affrontare le riduzioni di sensibilità agli anticorpi da parte della variante. In altre parole, N501Y.V2 (e il relativo virus dal Brasile) potrebbero essere meno sensibili ai NAb, ma non in misura tale da provocare un diffuso fallimento del vaccino.

E’ probabile che vaccini che inducono più bassi livelli di NAb, come quelli inattivati ​​sviluppati in Cina e India, siano meno efficaci, ed è ancora troppo presto per sapere se vaccini vettoriali (Johnson & Johnson / Janssen, AstraZeneca e “Sputnik V”) o vaccini proteici purificati (Novavax e Sanofi / GSK) si comportino allo stesso modo. A livello globale, vi è un grande impegno nel cercare di scoprire se l’efficacia dei diversi vaccini può essere influenzata da N501Y.V2 e varianti correlate. Le risposte dovrebbero giungere dal Sud Africa, dove si è attualmente completata la fase 3.  La domanda è: “Il vaccino protegge dal ceppo N501Y.V2 attualmente predominante? Solo il tempo potrà dirlo.

Oltre a evitare il riconoscimento da parte dell’immunità indotta dal vaccino, le varianti sono diventate insensibili alla neutralizzazione da parte di anticorpi monoclonali utilizzati per la cura di COVID-19.  Si è infatti osservato che la modifica N501Y della variante B.1.1.7  è sufficiente per azzerare l’attività di alcuni  anticorpi monoclonali, mentre lo studio sudafricano avrebbe dimostrato che nei confronti di ceppi  N501Y.V2 quasi tutti sono inefficaci. Alla luce di tali risultati, l’impiego in terapia di anticorpi monoclonali, pur avendo ottenuto l’approvazione dalla Food and Drug Administration (FDA), deve essere attentamente valutato.

L’emergere di nuove varianti rende necessario:

  1. Isolare e caratterizzare SARS-CoV-2 da tutti i pazienti vaccinati e ricoverati in Ospedale con COVID-19: è probabilmente il primo segno che varianti virali stanno diventando resistenti alla risposta immune indotta dal vaccino
  2. Creare e mantenere un sequenziamento attivo e un sistema di sorveglianza che identifichi rapidamente nuove varianti, appena emergono.  In Inghilterra, a differenza di altri Paesi, tale sistema esiste, e sarebbe importante fosse utilizzato attraverso stretta cooperazione internazionale
  3. Creare un deposito centrale di campioni di siero di soggetti vaccinati contro SARS-CoV-2. Questa risorsa consentirebbe ai ricercatori di testare la loro capacità neutralizzante contro eventuali nuove varianti non appena identificate. Un archivio centrale dovrebbe comprendere campioni rappresentativi di tutti i vaccini approvati, così come anche quelli di vaccinati ancora in fase 3, onde poter misurare in entrambi l’entità della resistenza alla neutralizzazione
  4. Ridurre la diffusione globale di nuove varianti, in particolare N501Y.V2 e la relativa variante brasiliana. E’ probabile che tali virus fossero da tempo circolanti: tuttavia, tanto più spesso sono reintrodotti, tanto è più probabile che la diffusone si allarghi sempre di più.
  5.  Adattare i nuovi vaccini, basati su mRNA e su adenovirus difettivi, alle sequenze mutate delle nuove varianti. Tali processi sono noti, abbastanza semplici e possono essere eseguiti rapidamente.
  6. Indossare mascherine, distanziamento fisico e applicazione di buon senso possono prevenire la diffusione. Al pari di ceppi circolati nel 2020, le nuove varianti non si diffondono, come per il morbillo, per aerosol né percorrono lunghe distanze!

Riferimenti

Moore JP et al. SARS-CoV-2 Vaccines and the Growing Threat of Viral Variants. JAMA January 28, 2021.  https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2776039