Terapia per COVID-19. Ancora una lunga strada da percorrere


In piena crisi sanitaria per la pandemia da COVID-19, numerosi studi sono focalizzati su terapie per combattere la malattia. Mancano farmaci elettivi e a chi è impegnato in prima linea non resta che attingere da risultati di studi in vitro, o effettuati su popolazioni poco numerose e non scientificamente validati.

Nella confusione delle scelte terapeutiche, alcuni risultati sembrano non contestabili:

L’Organizzazione Mondiale della Sanità conferma che i corticosteroidi non sono da utilizzare nella Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS) associata a COVI-19, a meno che tali farmaci non siano stati prescritti per il trattamento di altra condizione clinica; sembra dimostrato che cortisonici per via endovenosa si associano ad una ritardata clearance virale, sia a livello ematico che polmonare.

Ricercatori cinesi hanno evidenziato, in un numero limitato di pazienti con COVID_19 e ARDS, che la somministrazione di plasma di convalescenti produce effetti favorevoli. Gli stessi Autori convengono che tale risultato debba essere confermato su di una più ampia casistica.

Sia in Cina che in Europa (Francia, Spagna, Italia) un gran numero di pazienti sta ricevendo per uso compassionevole farmaci off label, che non hanno indicazione per l’infezi[MLS1] one da COVI-19, ma avrebbero dimostrato di avere attività antivirale in vitro, o proprietà antinfiammatorie. Tra questi clorochina, idrossiclorochina,  azitromicina, lopinavir/ritonavir, favipiravir, remdesivir, ribavirin, interferon, inibitori di IL-6.   

La somministrazione come “ultima risorsa” di farmaci off label è in genere decisa presupponendo (erroneamente) che il beneficio sia più probabile del rischio. Tuttavia se un farmaco, il cui effetto clinico non è noto, è somministrato ad un paziente con grave sindrome respiratoria (come quella provocata da COVI-19) non si può affermare, in mancanza di un gruppo di controllo, che il paziente ne ha davvero beneficiato. Interpretazione non corretta di questo tipo di sperimentazione è che se il paziente muore dipende dalla malattia, mentre se sopravvive lo si deve al farmaco.

Inoltre non va dimenticato che farmaci quali clorochina e idrossiclorochina , azitromicina, lopinavir/ritonavir possono provocare effetti collaterali a livello cardiaco, epatico, pancreatico,  oltre che anafilassi. Se, come noto, la maggior parte dei deceduti per COVID-19 sono anziani, di cui molti con patologia cardiovascolare, non è da sottovalutare il fatto che i farmaci sopra citati possano potenzialmente aumentare il rischio di morte.

Ad oggi non esistono trattamenti di provata efficacia contro COVI-19. E’ imperativo scoprire nuove terapie e/o riconfermare risultati apparentemente favorevoli tramite studi caso/ controllo.   La pandemia ha stimolato ad operare in tale direzione: pazienti e medici possono contribuire direttamente partecipando a trial che prevedono popolazioni di controllo: in questo modo, oltre all’efficacia, ne potrà essere valutata anche la sicurezza.


Riferimenti

Kalil AC et al. Treating COVID-19—Off-Label Drug Use, Compassionate Use, and Randomized Clinical Trials During Pandemics.JAMA. Published online March 24, 2020. doi:10.1001/jama.2020.4742. 

Chenguang Shen et al. Treatment of 5 Critically Ill Patients With COVID-19 With Convalescent Plasma. JAMA. Published online March 27, 2020. doi:10.1001/jama.2020.4783.

Adaptive COVID-19 Treatment Trial. ClinicalTrials.gov identifier: NCT04280705. Posted February 21, 2020. Accessed March 19, 2020. https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT04280705?term=remdesivir&cond=covid-19&draw=2&rank=5