La medicina tradizionale ha fatto il suo tempo?


Il campo della medicina si è tradizionalmente concentrato nell’assistenza ai singoli pazienti, ponendo grande attenzione al trattamento di malattie e minor enfasi su fattori socioeconomici e comportamentali che possono influire su salute e benessere. Nel corso degli anni questo modello ha reso possibili cure qualificate per il paziente. Tuttavia, problemi urgenti che la sanità deve oggi affrontare (malattie non trasmissibili, invecchiamento della popolazione globale e complesse barriere sistemiche all’equità sanitaria) non sono facilmente risolvibili con il solo approccio individuale al paziente. Epidemie di malattie infettive, come COVID-19, ripropongono le stesse problematiche in quanto preparazione e risposte efficaci richiedono una gestione a livello di popolazione, oltre che assistenza clinica diretta.

La medicina tradizionale ha le sue radici nel modello accademico “bench to bedside”; si occupa di formazione, ricerca e assistenza medica. Oggi sono emerse altre sfide: per soddisfare le esigenze di salute e di assistenza sanitaria sono necessari operatori orientati alla salute della comunità e della popolazione, competenti dal punto di vista digitale e socialmente responsabili. Modernizzare la medicina tradizionale significa adattarla ai problemi emergenti; è necessario un riesame dell’attuale approccio della medicina accademica, i cui ambiti sono visti come torri d’avorio, privi di impegno sostanziale con le comunità d’appartenenza. L’enorme peso della pandemia COVID-19, le malattie non trasmissibili e le disuguaglianze diffuse a livello globale non possono essere affrontate all’interno del Servizio Sanitario così come è oggi strutturato: dovrebbero esser potenziati comunicazione e impegno per la comunità, e collaborazione e integrazione con la Sanità pubblica.

Già nel 2012 l’Institute of Medicine USA (IOM, attualmente noto come National Academy of Medicine) sottolineava come per migliorare la salute della popolazione fosse necessario valutare l’impatto di fattori sociali, comportamentali e ambientali sui risultati clinici. Gli USA, per la squilibrata struttura di finanziamento del Sistema Sanitario in cui risorse finanziarie maggiori sono stanziate per la cura delle malattia più che per la loro prevenzione, sono infatti insufficientemente attrezzati per affrontare sfide correlate alla promozione della salute.

Il concetto emergente di salute della popolazione richiede una convergenza tra assistenza sanitaria, comunità e salute pubblica. Deve essere ampliato l’accesso ai servizi di prevenzione, forniti finanziamenti per la sanità pubblica e create opportunità di collaborazione tra cure primarie, ospedali e dipartimenti sanitari. Tutto ciò è in costruzione in molti Paesi, ma la completa realizzazione richiederà tempi lunghi. La pandemia COVID-19 ha messo in evidenza le falle dei Servizi Sanitari: per il sotto-finanziamento di sistemi di monitoraggio, vi è stato un ritardo nella segnalazione di casi con conseguente fallimento nell’intervento precoce e nel contenimento. In molti Paesi tali sfide sono state esacerbate dalla preesistente carenza di forza lavoro e dall’inadeguatezza delle infrastrutture del Sistema Sanitario. L’OMS ha sottolineato la necessità di utilizzare le drammatiche conseguenze della pandemia come catalizzatore per il cambiamento: nello specifico, all’interno del Sistema Sanitario globale, migliorare gli investimenti per la salute, rafforzare la preparazione internazionale e riconoscere l’impatto dei determinanti sociali. Tale integrazione è tra le più importanti lezioni apprese dalla pandemia.

Quali interventi sono necessari?

Già da alcuni anni è stata fatta la proposta di ridefinire la medicina accademica,  ampliando il modello “bench-to-bedside”  a quello “bench to population”, onde ridurre il divario tra ricerca scientifica e traduzione clinica. L’approccio ” bench to society” intende riflettere sulla necessità di una convergenza tra erogazione delle cure e salute pubblica; deve pertanto comprendere la scienza dei dati, il contributo di determinanti sociali e di una mancata equità.

In un sistema “bench to society”, la medicina accademica continuerebbe a mantenere il ruolo guida nella ricerca e su come fornire cure di alta qualità, ma estenderebbe la sua missione affrontando determinanti sociali, etica ed equità. A livello globale, esiste la necessità di integrare nell’attività medica prospettive sociali e comportamentali, di promuovere partnership comunitarie e di utilizzare i risultati di tali progressi a beneficio della popolazione. Le questioni sociali si intrecciano con il benessere e la salute della popolazione: la medicina accademica dovrà saper guidare il cambiamento, promuovendo politiche che favoriscano fiducia e coesione sociale. Le future generazioni di operatori sanitari dovranno esser dotate di conoscenze tecnologiche mirate a migliorare la salute della popolazione, oltre che del singolo paziente. 

Il modello proposto dovrebbe prevedere la convergenza tra

  • scienza e attività mirata alla salute della popolazione
  • scienza dei dati e tecnologia digitale
  • scienza e responsabilità sociale finalizzate a raggiungere il bene comune, riconoscendo diversità e difendendo equità e inclusione.

Aree di enfasi

  • Convergenza tra Scienza e salute della popolazione

In un modello “bench to society”, la medicina accademica deve ampliare la sua portata, andare oltre la scienza interdisciplinare e indirizzarsi verso scienza e pratica della convergenza. Mentre la scienza interdisciplinare enfatizza la collaborazione nella ricerca, la scienza della convergenza cerca di integrare un’ampia varietà di discipline e tecnologie, tra cui rami delle scienze fisiche e sociali, economia, diritto, etica e ingegneria. La convergenza crea approcci sistemici, che cercano di risolvere sfide problematiche in ambito sanitario e scientifico. E’ necessaria per arrivare a scoperte nei campi della prevenzione, della diagnosi precoce e di innovativi trattamenti di malattie non trasmissibili croniche complesse che, a livello globale, rappresentano un onere crescente per i Sistemi Sanitari.

 COVID-19 ha sottolineato come la convergenza permetta di affrontare le minacce alla salute del nostro tempo: la pandemia ha colpito individui e famiglie in tutto il mondo, e ha evidenziato rischi differenziati per quanto riguarda esposizione, suscettibilità e conseguenze. Ad esempio, alloggi affollati, scarsa protezione sul posto di lavoro, dipendenza dai trasporti pubblici, mancanza di assicurazione sono tutti fattori che contribuiscono al rischio di malattia e causano una maggiore vulnerabilità in popolazioni a basso reddito o comunque emarginate.  La pandemia ha anche fatto emergere disuguaglianze circa l’accesso globale ai test, al trattamento o ai vaccini, a causa di barriere nella catena di approvvigionamento, implicazioni legali e normative, considerazioni sulla proprietà intellettuale.

Non è pertanto sufficiente concentrarsi sul progresso dei risultati scientifici per combattere l’impatto della pandemia: nella ricerca e nella pratica devono essere incorporate considerazioni sociali, comportamentali, economiche, legali e politiche. E’ necessario re-immaginare la salute della popolazione in termini di convergenza, mettendo insieme ricerca scientifica, politiche e pratiche di attuazione in cui vi sia partecipazione di tutti i differenti settori.

Rappresentanti della medicina accademica sono chiamati ad abbracciare la scienza e la pratica della convergenza, sviluppando politiche a sostegno della ricerca su questi temi, cercando di collaborare con le parti interessate interne alle loro università nonché con organizzazioni comunitarie esterne.

  • Scienza dei dati e tecnologia digitale

L’ultimo decennio ha visto una crescita massiccia di dati sanitari provenienti da Servizi Sanitari, ricerca e domini in cui le persone vivono, lavorano e giocano. L’aumento è notevole, oltre che per volume, anche per complessità, diversità e velocità con cui i dati sono raccolti. Si dovrebbe ripensare ad un “riallineamento della salute digitale” per raggiungere obiettivi orientati ad una assistenza clinica ottimale, alla ricerca, alla formazione di alto livello: l’approccio digitale dovrebbe allineare assistenza primaria e terziaria, ricerca e salute comunitaria.

Tradizionalmente, i dati raccolti a livello dei punti di cura non sono collegati a dati generali di Sanità pubblica e comunitari; si tratta di dati che meglio colgono sfumature all’interno di ambienti fisici, di determinanti sociali della salute e sull’impatto di fattori demografici come razza, etnia, età, sesso, genere e istruzione. La medicina dovrebbe impegnarsi nell’innovazione della tecnologia sanitaria digitale creando l’infrastruttura per acquisire, standardizzare e armonizzare dati sanitari con quelli provenienti dalla comunità. Per un’integrazione sostenibile, dovrebbe esserci l’impegno nella condivisione di dati, nello scambio di informazioni sanitarie, nella raccolta di dati socioeconomici, e di vario altro tipo. Quanto acquisito potrà essere utilizzato per sviluppare ipotesi, generare prove, guidare il supporto decisionale e fornire algoritmi per la risoluzione di problemi e per l’automazione tramite intelligenza artificiale e apprendimento automatico.

In tutto il mondo gli sforzi di integrazione devono affrontare sfide sostanziali; nell’UE le discrepanze sono tali che se le competenze digitali sulla salute dovessero essere attuate a livello sistemico, solo alcuni gruppi di popolazione (ad esempio, coloro che sono più giovani e con un livello di istruzione più elevato) potrebbero beneficiarne. Ristrutturazione e integrazione dell’infrastruttura dei dati devono pertanto tener conto dell’equità per non aggravare disparità esistenti. 

  • Impegno ed equità della comunità

Da tempo si è compreso come l’assistenza sanitaria contribuisca per una piccola parte ai risultati delle cure; vi è infatti un crescente riconoscimento dell’impatto di determinanti sociali della salute, come alloggio, reddito e istruzione. Nel 2008, l’OMS ha dichiarato la giustizia sociale una questione di vita o di morte. 

Le disuguaglianze sanitarie sono ampiamente prevenibili e devono essere affrontate agendo su tutti i determinanti sociali, attraverso un approccio proporzionato e universale. E’ necessario collaborare con organizzazioni e settori comunitari per affrontare questioni sociali, tra cui l’alloggio, la creazione di posti di lavoro, la sicurezza alimentare, l’istruzione, lo sviluppo della carriera e altro ancora. La comunità non deve esser vista come gruppo di individui bisognosi di servizi, ma come veri partner che collaborano per migliorare salute e assistenza sanitaria locale.

Un esempio ci viene dal modello Accountable Health Communities (AHC) degli Stati Uniti. L’approccio AHC cerca di incentivare le organizzazioni sanitarie a valutare i determinanti sociali della salute e a collegare i pazienti a risorse della comunità; l’obiettivo è valutare se un approccio più integrato possa incidere favorevolmente sulla salute e ridurre i costi. Sebbene ancora in corso, le prime analisi avrebbero evidenziato come tale tipo di interventi si correli ad una riduzione del numero di accessi in Pronto Soccorso. 

La medicina accademica deve anche guardare internamente alle proprie strutture, essere orientata alla missione e ai valori, con un impegno per l’equità in tutto ciò che viene fatto e affrontando barriere che ne limitano la realizzazione sia all’interno dell’area medica che nella società. L’inclusione di equità nell’assistenza sanitaria, nell’istruzione, nella ricerca e nella forza lavoro devono essere prioritarie. Infine, la medicina accademica deve svolgere un ruolo di primo piano anche nell’affrontare alcune delle minacce esistenziali più complesse del nostro tempo. Ad esempio, considerare i cambiamenti climatici e la giustizia ambientale problemi di Sanità pubblica e di equità significa anche impegnarsi attivamente per comunicare, educare, indagare e sviluppare soluzioni.

Quale sarà il futuro della forza lavoro?

Il raggiungimento degli obiettivi sopra delineati richiede che la forza lavoro vada oltre l’approccio della medicina tradizionale. Il nuovo clinico dovrà essere orientato alla comunità e socialmente connesso. Agli operatori sanitari in formazione sarà insegnato come

  • fornire assistenza diretta e come rappresentare una leadership scientifica  e medica all’interno di un modello di impatto collettivo
  • comunicare la ricerca scientifica e fornire assistenza tecnica ai partner della comunità
  • fornire una guida nello sviluppo e nella valutazione del programma
  • diffondere le migliori pratiche cliniche e scientifiche.

Sarà necessario lavorare con nuovi partner per poter sviluppare programmi di studio che comprendano scienze di squadra e quantitative, e formazione interdisciplinare per affrontare problemi correlati a disuguaglianze sociali e all’etica.  La propria forza lavoro dovrà espandersi e diversificarsi onde riflettere comunità e popolazione di pazienti serviti. Negli anni preclinici, i tirocinanti dovranno acquisire esperienze dirette su questioni sociali e comunitarie. Ciò richiederà maggiori finanziamenti per la formazione e il potenziale dispiegamento di incentivi economici per incoraggiare i giovani professionisti ad esercitarsi in aree rurali o svantaggiate. 

Il personale di Sanità pubblica dovrà ampliare le opportunità formative: COVID-19 ha mostrato la necessità di rafforzare competenze digitali e strategie di sorveglianza per raggiungere gli obiettivi della prevenzione di malattie e dell’assistenza universale. 

La strategia globale dell’OMS sulla salute digitale indica la costruzione di infrastrutture sanitarie digitali come opportunità per migliorare prevenzione e risultati su salute globale; università e dipartimenti di salute pubblica dovrebbero pertanto collaborare nella formazione di personale che sviluppi tali tecnologie.

Non ultimo si dovrà affrontare il problema del progressivo calo della manodopera e della carenza di formazione su temi che riguardano la salute di comunità.  Vi è necessità di un’ampia rivalutazione delle capacità, dei ruoli e delle competenze e di una vera revisione del processo di assunzione della forza lavoro.

Conclusione

La medicina tradizionale non ha fatto il suo tempo.  Nel corso degli anni, il modello è stato utile per i pazienti e tutt’ora ha bisogno di professionisti che forniscano assistenza diretta e mantengano i risultati raggiunti. Tuttavia, crescenti sfide per la salute impongono dei cambiamenti: dal tradizionale focus “paziente-malattia” si deve saper promuovere la prevenzione e allinearsi con la Sanità pubblica e le esigenze sociali.  Nell’ultimo decennio i cambiamenti sono stati rapidi e drammatici: è necessario passare a un approccio che rifletta in modo più accurato determinanti sociali della salute, equità e bisogni della popolazione di riferimento: dal modello “bench to bedside”, al modello “bench to society”.

La rivisitazione della medicina accademica potrà avvenire solo con la stretta collaborazione tra area clinica e Sanità pubblica: dovrebbe essere supportata dall’adozione della scienza e della pratica della convergenza, dall’integrazione dei dati, dal coinvolgimento della comunità e dall’equità. Il nuovo modello produrrà medici orientati alla comunità, socialmente connessi e in grado di utilizzare efficacemente dati e tecnologia digitale. Con l’adozione di tali principi, la medicina potrà evolversi ed essere in grado di affrontare le principali sfide sanitarie del nostro tempo.

Riferimenti

Dzau VJ et al. Has traditional medicine had its day? The need to redefine academic medicine. The Lancet. October 22, 2022. DOI: https://doi.org/10.1016/S0140-6736(22)01603-8. https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(22)01603-8/fulltext

CMS.gov. Accountable Health Communities Model.  https://innovation.cms.gov/innovation-models/ahcm