Caratteristiche generali
Si definiscono ANTIBIOTICI sostanze prodotte naturalmente (da muffe o batteri) o sintetizzate artificialmente, capaci di impedire lo sviluppo di microrganismi patogeni, inibendone la moltiplicazione o uccidendoli. Questi farmaci, pur essendo mortali per i loro bersagli – i batteri – non danneggiano le strutture e le funzioni dell’ospite; in altre parole, sono poco tossici per l’uomo. Il primo antibiotico scoperto fu la penicillina: fece seguito, nel tempo, la disponibilità di tanti altri antibiotici. Questa scoperta ha rappresentato uno spartiacque storico tra il periodo millenario, in cui le infezioni erano sinonimo di morte, e il nostro tempo in cui le stesse non fanno più paura.
Gli antibiotici devono essere usati solo se i dati clinici e di laboratorio di un paziente suggeriscono un’infezione batterica; il loro utilizzo in caso di malattia virale o di febbre di origine indeterminata è inappropriato nella maggior parte dei casi: infatti espone il paziente a complicanze farmacologiche senza alcun beneficio, e contribuisce alla resistenza batterica (v. in seguito).
Modalità di somministrazione
L’assunzione per via orale è in generale sicura e ben accettata dal paziente, soprattutto quando non sono necessarie più di due somministrazioni giornaliere, e trova indicazione per lo più nelle infezioni di grado lieve/moderato. La somministrazione parenterale (intramuscolare o endovenosa) è richiesta principalmente per le seguenti ragioni:
- Gravità della malattia
- Assorbimento gastro-intestinale ridotto
- Difficoltà a deglutire e/o paziente non collaborante (es. anziani)
- Mancanza di disponibilità di antibiotici orali con attività equivalente.
In generale, la scelta della terapia parenterale è riservata alle infezioni gravi, con rischio elevato di complicanze e quando il paziente ha un sistema immunitario indebolito. Infatti, questo tipo di somministrazione permette di ottenere concentrazioni elevate del farmaco nel sangue e nei tessuti più rapidamente rispetto alla via orale. Esistono infine, in caso di infezioni cutanee definibili lievi (ad es. acne, piccole ustioni, punture di insetti..), antibiotici in forma di pomate e/o spray adatte alla applicazione locale nella sede dell’infezione.
La scomparsa dei sintomi (febbre, mal di gola, tosse) non equivale alla guarigione: in molti casi la terapia antibiotica deve essere continuata.
Effetti collaterali
Esistono effetti avversi comuni alla maggior parte degli antibiotici. Tali effetti sono correlati, soprattutto, all’impatto della terapia antibiotica sulla flora batterica (o microbiota umano) che risiede normalmente nel nostro organismo. Gli antibiotici possono alterare l’equilibrio dei batteri presenti naturalmente nel tratto gastrointestinale, nell’apparato respiratorio, nel cavo orale, negli organi riproduttivi e sulla pelle. Un esempio è quello degli effetti collaterali sull’apparato gastrointestinale, quali nausea, vomito e diarrea.
Lo sbilanciamento della flora batterica residente può favorire la crescita incontrollata di microrganismi non sensibili all’antibiotico somministrato, come nel caso dei funghi del genere Candida, che vivono in tutte le mucose dei diversi apparati. Quando si è in buona salute, il sistema immunitario è in grado di controllare questi funghi e impedirne la crescita eccessiva; in caso di terapia antibiotica, soprattutto prolungata, essi possono prendere il sopravvento, per mancanza di antagonisti, dando origine a un’infezione chiamata Candidosi.
Un altro effetto indesiderato, che può accomunare tutti gli antibiotici, è l’insorgenza di reazioni allergiche in soggetti predisposti. Queste reazioni possono essere lievi (eritema, orticaria) e, di solito, non richiedono trattamento farmacologico. Quelle gravi possono comportare febbre, aplasia midollare (blocco del midollo osseo nella produzione delle cellule del sangue), edema (gonfiore) delle mucose, con difficoltà a respirare, fino allo shock anafilattico che può essere mortale.
Esistono poi effetti tossici specifici, che si manifestano solo con una certa classe di antibiotici, oppure effetti dannosi su determinati organi o tessuti (es. tossicità renale) causati da determinati antibiotici.
Classificazione
Esistono numerosi metodi per classificare i numerosissimi farmaci antibiotici. (Occorre qui ricordare che i batteri si dividono in due grandi categorie, GRAM POSITIVI (blu) e GRAM NEGATIVI (rosa), in base al colore da essi mostrato al microscopio mediante una colorazione di laboratorio. N.d.R.)
La classificazione più comune degli antibiotici è la seguente:
- Secondo il TIPO D’AZIONE. Ci sono antibiotici che bloccano la crescita microbica mediante un’azione detta batteriostatica, di tipo reversibile, per cui l’allontanamento dell’antibiotico consente la ripresa della crescita. Altri possiedono un’attività battericida, causando direttamente la morte dei batteri in modo irreversibile.
- Secondo l’ORIGINE ESTRATTIVA. Gli antibiotici possono essere di origine naturale, quando sono estratti da batteri o funghi esistenti in natura (es. penicillina, cefalosporine, streptomicina). Origine semisintetica, quando la struttura base, ottenuta mediante estrazione, viene modificata chimicamente in laboratorio (ampicillina, meticillina, claritromicina). Origine chimica, quando vengono interamente sintetizzati in laboratorio (chinoloni, monobattami, cloramfenicolo).
- Secondo lo SPETTRO D’AZIONE. Abbiamo a disposizione antibiotici a largo spettro, attivi contro una grande varietà di batteri e quindi in grado di trattare contemporaneamente patologie diverse tra loro. In questo caso l’efficacia risulta minore e, per questo motivo, vengono usati soprattutto quando non si identifica esattamente l’agente patogeno in causa. Antibiotici a medio spettro, attivi contro i batteri Gram+ e alcuni del tipo Gram-. Antibiotici a spettro ristretto, attivi o contro i Gram + o contro i Gram-.
- Secondo il SITO D’AZIONE, cioè secondo quale meccanismo fondamentale per la sopravvivenza del germe essi vanno a colpire (es. la sintesi della parete batterica, la sintesi proteica, la replicazione, l’alterazione della membrana cellulare). Sentiremo così parlare di: penicilline, cefalosporine, macrolidi, tetracicline, chinoloni e fluoro-chinoloni, rifampicina, sulfamidici, tanto per citare i più comuni.
L’uso di antibiotici appartenenti a una certa famiglia è più appropriato per un certo tipo di malattie, o per le malattie di certi organi: quelli di un’altra famiglia, per altre malattie e altri organi.
Resistenza agli antibiotici
La resistenza agli antibiotici rappresenta attualmente una delle principali minacce alla sanità pubblica e ai sistemi sanitari in genere. Con questo termine s’intende la capacità dei batteri di resistere all’azione degli antibiotici, di sfuggire alla loro azione, potendo così continuare a moltiplicarsi e diffondersi. In parole povere, una malattia che poteva essere sconfitta da una cura antibiotica, non lo è più.
I batteri sono presenti sulla terra da almeno tre miliardi di anni e, possedendo una grande capacità di mutazione, si sono adattati a enormi cambiamenti climatici e ambientali con meccanismi di selezione naturale. L’uso indiscriminato ed inappropriato degli antibiotici (per infezioni banali che si risolvono spontaneamente, oppure somministrati a dosaggi insufficienti) ha “educato” i batteri a divenire resistenti, mediante selezione di ceppi insensibili a quei farmaci.
La resistenza agli antibiotici è perciò un evento atteso e, in un certo senso, inevitabile perché legato all’uso stesso degli antibiotici. Tuttavia, l’accelerazione che il fenomeno ha mostrato negli ultimi anni e la sua ampiezza rappresentano una minaccia per la salute e richiedono energiche misure per contrastarlo.
Come venirne fuori? 1.Monitorando strettamente l’avanzata delle resistenze in tutti i Paesi del mondo (in tutti i Paesi esistono Sistemi di Sorveglianza). 2.Sostenendo la ricerca di nuovi antibiotici in natura e in laboratorio. 3.Modificando il comportamento dei medici e dei pazienti nella pratica di prescrizione e assunzione degli antibiotici.
Il contrasto all’antibiotico-resistenza per mantenere gli antibiotici efficaci è infatti responsabilità di tutti. Ognuno di noi può fare, nel proprio ambito, la sua parte: se siamo professionisti sanitari o veterinari, limitando le prescrizioni ai casi in cui il loro uso è strettamente necessario: non, per esempio, per il raffreddore o l’influenza che sono infezioni virali; se siamo cittadini, rispettando le indicazioni del medico, senza cercare di ottenere antibiotici quando non sono prescritti, con la consapevolezza che il loro uso inappropriato può avere ripercussioni negative: non solo personali, ma sulla salute di tutti.
Riferimenti
Gli Antibiotici, spiegati bene. A cura di Silvio Garattini, in coll. con Antonio Clavenna. Ed. LSWR, febbraio 2020. https://www.amazon.com.au/antibiotici-spiegati-usarli-sicuro-consapevole/dp/8868958120