Gioco d’azzardo: una “merce” pericolosa


Il gioco d’azzardo sovente è visto come passatempo innocuo. Qualche scommessa a cuor leggero su un evento sportivo o un rapido tentativo con un cartoncino da raschiare…ma in realtà il gioco d’azzardo è dannoso per la salute fisica e mentale dell’individuo e il danno si può estendere alla società. Uno studio suggerisce che l’anno scorso il problema del gioco d’azzardo abbia coinvolto una percentuale di adulti pari a 0,5-5,8%, globalmente nel mondo. Se misurato in anni-vita (corretto per livello economico), l’entità del danno da gioco in certi Paesi è simile a quello della depressione e dell’alcool, causando per lo più perdite finanziarie, danni alla vita relazionale e alla salute, stress mentale ed effetti negativi sul lavoro e sull’educazione: sproporzionatamente di più negli individui già più poveri, appartenenti a gruppi che subiscono grandi disuguaglianze nella cura della salute e nella vita sociale.

Il Sistema Sanitario Inglese sta preparando delle linee guida in cui si raccomanda ai professionisti sanitari, di domandare ai pazienti se giocano, giusto come domandano se fumano o bevono alcool. Questo può contribuire a individuare soggetti che necessitano di trattamento e di supporto. Tuttavia, gli sforzi indirizzati contro il gioco d’azzardo tendono a focalizzarsi sulla responsabilità individuale senza tenere conto della potente politica che vi sta dietro. Perché? Per lo più perché l’industria del gioco adotta le stesse tattiche usate da altre industrie di generi voluttuari, quali il tabacco e l’alcool, per impedire una significativa regolazione ai fini della prevenzione e della riduzione del danno. Ne sarebbero oggetto i prodotti, la pubblicità e il marketing; la disponibilità e l’accessibilità, la geo-localizzazione dei prodotti stessi; infine, la tassazione. La revisione delle leggi sul gioco pubblicate fino ad oggi dall’80% delle giurisdizioni britanniche, ha concluso che è tutto come sempre, cioè il gioco d’azzardo è permesso ed è il singolo che ne è responsabile.

Decenni di ricerca pagata dall’industria hanno ostacolato la produzione di studi indipendenti, capaci di fornire robuste evidenze sui danni da gioco. Mentre il tipo di danno fisico causato dal gioco d’azzardo è più complesso di quello da fumo e alcool (cosa sfruttata dall’industria per screditare resoconti sul suo impatto negativo per la salute), è un fatto dimostrato chiaramente da fonti indipendenti, per esempio, che esiste un aumentato rischio di suicidio tra persone dedite al gioco.

Una sottile strategia adottata dall’industria è quella di finanziare iniziative benefiche, come GambleAware (il nome significa letteralmente: giocare consapevolmente), dedicate all’educazione al gioco e al trattamento della dipendenza. In tal modo essa controlla la narrativa sul gioco e ritrae l’industria come benefattrice della società. GambleAware indice addirittura una settimana di eventi nel Regno Unito e in Irlanda, dal 13 al 19 novembre 2023, con cui promette di fornire ai giocatori la capacità di controllarsi e giocare in modo più sicuro, sempre concentrandosi sulla responsabilità individuale e ammettendo danni possibili esclusivamente in specifici gruppi. Tuttavia, si tratta di una iniziativa che parte dall’industria e fa ben poco per frenare la spinta verso il gioco d’azzardo.

Sebbene alcuni gruppi siano a maggior rischio di danni, come i giovani a basso reddito ed emarginati, il quadro epidemiologico del gioco sta cambiando, con più donne e adolescenti che si lasciano trascinare in giochi pericolosi. Inoltre, l’idea della separazione del gioco innocuo rispetto al gioco patologico, diffusa dalle industrie, è una pura illusione, perché la ricerca dimostra che i cosiddetti giocatori a rischio basso e moderato rappresentano la maggioranza tra coloro che manifestano danni patologici. Il coinvolgimento dell’industria del gioco d’azzardo nella creazione e nel miglioramento delle soluzioni al problema è eticamente dubbio e destinato al fallimento. Una pubblicità e un marketing pervasivi, particolarmente con l’associazione a sport popolari, hanno sostituito quelle del tabacco e dell’alcool, che ormai sono strettamente regolati. Anche i Governi sono in conflitto, in quanto godono dell’introito proveniente dalle tasse di quella che è un’industria molto redditizia, per cui non sorprende la mancanza di iniziative pubbliche contro il gioco.

Le continue innovazioni coinvolgono naturalmente anche questa industria, permettendone l’espansione in nuovi mercati poco controllati. Il Brasile è diventato il terzo più largo mercato per il gioco online e, in Africa, gli introiti da gioco d’azzardo legalizzato sono almeno triplicati negli ultimi dieci anni. Il gioco online e le sue sempre nuove piattaforme, insieme alla democratizzazione degli smartphone, forniscono un terreno fertile per esportare questa “merce”. È nato perfino un nuovo termine: “gamificazione” (cioè l’utilizzo di meccanismi tipici del gioco e, in particolare, del videogioco -punti, livelli, premi, beni virtuali, classifiche- per rendere gli utenti o i potenziali clienti partecipi delle attività di un sito e interessarli ai servizi offerti ((la definizione è tratta dal dizionario Treccani, neologismi)).

I danni alla salute prodotti dal gioco non sono una questione connessa alla insufficiente forza di volontà e di autocontrollo dell’individuo, ma il risultato di tattiche instancabili guidate dal profitto, di cui l’individuo per lo più non si rende conto.  È giunto il momento di una forte risposta in termini di regolazione e legislazione, simili a quelle usate per il controllo del tabacco e dell’alcool. Capire i determinanti commerciali della salute fornisce un quadro all’interno del quale bisogna lavorare per arrivare allo scopo. Il gioco d’azzardo ha bisogno di essere trattato per quello che è: un’industria dannosa.

Riferimenti

Editorial. Gambling: a harmful commodity. November 11, 2023. https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(23)02516-3/fulltext