“Pandemia da COVID-19 finita come emergenza sanitaria globale”. Direttore Generale WHO


“E’ con grande speranza che dichiaro la pandemia da COVID-19 finita come emergenza sanitaria globale”. Adhanom Ghebreyesus Tedros, Direttore Generale WHO.

5 maggio 2023

Venerdì 5 maggio 2023: il Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha annunciato ufficialmente la fine dello stato di “emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale” per COVID-19, dichiarata più di tre anni fa, pietra miliare nella storia di una pandemia che ha ucciso milioni di persone in tutto il mondo e sconvolto la vita della gente in modi prima inimmaginabili. Attenzione! Con questa decisione WHO ha voluto essere più chiara possibile sul fatto che la fase di emergenza è da considerarsi terminata, ma non COVID: anzi, mette in guardia i vari Paesi dal prenderla come scusa per smantellare sistemi di contrasto al virus. In realtà la decisione ha limitati effetti pratici, visto che molti Paesi hanno già revocato i rispettivi stati di emergenza e posto termine a quasi tutte le restrizioni adottate. Si tratta tuttavia di un momento topico nell’evoluzione della relazione tra l’umanità e il nuovo coronavirus.

Basi della dichiarazione

Il Direttore ritiene la decisione appropriata per gli alti livelli di immunità globalmente raggiunti tramite la vaccinazione, o l’infezione, o entrambi. Il livello di pericolo non è più lo stesso, si è raggiunto una specie di equilibrio, un modo di coesistenza tra virus e ospite umano. È importante riconoscere che ciò che ha cambiato il virus non è soltanto l’evoluzione biologica, ma anche il fatto che noi lo abbiamo costretto ad essere meno virulento tramite vaccinazioni, dispositivi di protezione come le mascherine e una serie di altre misure di salute pubblica. Questo deve dunque essere apprezzato come momento di vittoria, una “celebrazione della Scienza”. Al 3 maggio 2023, secondo WHO sono stati registrati globalmente 765.222.932 casi confermati di COVID, di cui 6.921.614 morti: ma “queste cifre sono largamente sottostimate, perché il prezzo pagato è notoriamente parecchie volte più alto, almeno 20 milioni” (il Presidente riporta i dati reali basati sull’aumento clamoroso della mortalità degli ultimi due anni nei vari Paesi, in confronto a quanto atteso in base all’andamento storico). Tuttavia, la sorveglianza in ognuna delle 10 settimane precedenti la dichiarazione riporta che il numero di morti è stato il più basso dal marzo 2020. Di conseguenza, la vita è tornata normale nella maggior parte dei Paesi e i sistemi sanitari si stanno riprendendo.

La storia

COVID-19 è stato molto più di una crisi sanitaria: ha causato gravi sconvolgimenti politici, economici e sociali: confini chiusi, economie paralizzate, sistemi scolastici a pezzi e sofferenza di milioni di persone in isolamento. Ha fatto emergere e deteriorare fratture politiche dentro e tra le nazioni. Ha eroso la fiducia tra la gente, i governi e le istituzioni, sommersi da un torrente di improvvisazioni e cattive informazioni. Ha messo a nudo le scottanti diseguaglianze del nostro mondo, dove le comunità più povere e vulnerabili sono state colpite più duramente, e ultime ad avere accesso a vaccini ed altri mezzi di difesa. Non potremo dimenticare le immagini delle terapie intensive strapiene, dei guanti blu degli operatori sanitari che tenevano le mani dei nostri cari perché non morissero soli, le pire per incenerire i corpi o le fosse comuni che si dovettero scavare.

La dichiarazione dello stato di emergenza da parte di WHO avvenne il 30 gennaio 2020, quando soltanto 213 casi di morte per Covid erano accertati. Essa segnalò al mondo che questo nuovo virus era una minaccia anche fuori dalla Cina dove aveva avuto origine, e fornì la giustificazione ai Paesi per imporre misure sanitarie pubbliche potenzialmente impopolari e dirompenti. Quel virus, che era passato all’uomo alla fine del 2019, si è poi dimostrato un avversario imprevedibile, mutando significativamente e velocemente in modo da risorgere e dilagare nei Paesi giusto quando questi pensavano che il peggio fosse passato. Un’ondata brutale della variante Delta sconvolse l’India solo alcune settimane dopo che il primo ministro Modi si era vantato di quanto bene il suo Paese avesse risposto a COVID. La variante Omicron, per quanto meno virulenta, si è diffusa facilmente fino a diventare la quarta causa generale di morte negli USA nel 2022, ed ha ucciso ancora largamente in molti altri Paesi.

La prima vaccinazione su larga scala incominciò l’8 dicembre 2020, meno di un anno dopo che il primo caso fosse riportato a WHO: uno straordinario trionfo della scienza. Il processo dello sviluppo dei vaccini, che avrebbe dovuto essere caratterizzato dalla massima collaborazione internazionale, ha poi visto fenomeni di accaparramento e nazionalismo. Ben un anno dopo, là dove le popolazioni dei Paesi industrializzati stavano ricevendo la seconda e la terza dose di vaccino, solo il 5% della popolazione dell’Africa sub-Sahariana era stato vaccinato.

Accordo

Il direttore di Amref Health Africa (la più grande organizzazione internazionale non governativa per lo sviluppo sanitario dell’Africa), Dr. G. Githai, ha dichiarato che era ora di interrompere lo stato di emergenza, perché mantenerlo ne avrebbe indebolito l’effetto. Secondo lui, la dichiarazione di WHO ha aiutato a mobilitare risorse per l’Africa, ma non è servita a cancellare la desolante esperienza di quella definita “ingiustizia vaccinale”. Amref continua a lavorare per il supporto della vaccinazione in 35 Paesi africani: in tutto il continente, la copertura vaccinale è oggi al 52%. La pandemia ha lasciato però un’eredità positiva, perché ha prodotto il più alto livello mai visto di cooperazione tra i Paesi africani, compresa la creazione di una task force per coordinare il rifornimento di vaccini. La risposta a COVID ha anche aumentato la capacità e gli investimenti in settori quali il sequenziamento genico e la sorveglianza epidemiologica.

Disaccordo

La dott.ssa M. Dalcolmo, pneumologa, membro dell’Accademia di Medicina del Brasile, ritiene la dichiarazione prematura, dato che ci sono ancora molti problemi urgenti, quali la ricerca sulle varianti e lo sviluppo di vaccini multivalenti. Lo stato di emergenza serve ancora come incentivo e aiuto per l’accesso dei Paesi a basso reddito al supporto internazionale e ai trattamenti di cura.

La realtà attuale

Il 3 maggio WHO ha emesso un piano aggiornato di lotta a COVID che intende servire da guida su come governare il virus per i prossimi due anni, passando dalla risposta di emergenza alla prevenzione e controllo sul lungo termine. “Allo stesso tempo – ha dichiarato il Direttore Generale di WHO – sull’evoluzione del virus permangono incertezze che rendono difficile predire dinamiche future di trasmissione o stagionalità: sorveglianza e sequenziamento genico sono rallentati pressoché dappertutto nel mondo, rendendo difficile tracciare varianti note e scoprirne di nuove. E l’accesso alle cure salvavita contro COVID continua ad essere drasticamente diseguale globalmente.”

Forse ha ragione la dott.ssa Dalcolmo che vede la fine dell’emergenza non come pietra miliare, ma come avvertimento: “Prendetela come un’allerta, un tempo per iniziare a prepararsi per la prossima pandemia, perché sappiamo che i virus respiratori aumenteranno”.

Riferimenti

S. Nolen, WHO Ends Global Health Emergency Designation for Covid. The New York Time, May 5, 2023. https://www.nytimes.com/2023/05/05/health/covid-who-emergency-end.html