Durante la pandemia da Covid-19, in molti Paesi si è registrato rallentamento e peggioramento nel funzionamento dei servizi di prevenzione, screening e trattamento delle Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST), che ha causato globalmente una loro re-insorgenza, oltre che emergenza di altre malattie atipiche. Paesi con validi sistemi di sorveglianza, come USA e Canada, hanno riportato aumento significativo in almeno tre IST: sifilide, gonorrea e clamidia.
Un rapporto recente dei CDC americano rivela che, nel 2019, negli USA le infezioni trasmesse sessualmente hanno fatto un balzo verso l’alto per il sesto anno di fila, con un particolare allarme per l’aumento della sifilide congenita (quella trasmessa dalla madre al feto durante la gravidanza), e numeri crescenti di sifilide in generale, Chlamydia, gonorrea negli uomini, specialmente uomini che fanno sesso con uomini (MSM). Il rapporto non dice nulla sui tassi di incidenza delle IST durante la pandemia di Covid-19, quando si è avuto un calo dei rapporti sessuali casuali, e lo screening e la sorveglianza sanitaria hanno subito un declino notevole, almeno nei primi mesi. Tuttavia, gli epidemiologi ritengono che una concomitanza di fattori abbiano spinto verso l’alto i tassi già prima dell’era Covid. Per citarne alcuni: le relazioni combinate online, la diffusione delle droghe, il declino nell’uso del preservativo nelle comunità di MSM – essendo oggi l’HIV è più prevenibile -, l’indifferenza dei politici e della società in generale. Al momento, è difficile trovare dati aggiornati sulle singole patologie, soprattutto a livello europeo. Il fatto che il rapporto citato del CDC si fermi ai dati del 2019 è indicativo del sovvertimento che la pandemia ha comportato nei sistemi di rilevamento su larga scala. Tuttavia, basandosi sui dati provenienti dall’esperienza territoriale, è innegabile un sensibile aumento globale delle IST, soprattutto nelle “key populations” (v. di seguito)
Sifilide
I dati epidemiologici a livello globale concordano per un aumento significativo di casi di sifilide. Negli USA si è passati dai 2,1 casi/100.000 nel 2000/01 agli 11,9/100.000 nel 2019 di sifilide primaria (I) e secondaria (II) (+17,5%). Per l’83% si tratta di uomini, ma anche il tasso nelle donne è quasi triplicato dal 2015 al 2019. I numeri sono sproporzionatamente aumentati negli MSM (57% del totale), 106 volte di più che negli uomini eterosessuali e 168 volte più che nelle donne. In Italia i casi di sifilide I-II sono rimasti stabili fino al 2000, da tale data si è registrato un aumento rilevante: nel 2005 si è osservato un aumento delle diagnosi di circa cinque volte rispetto al 2000 e un nuovo picco nel 2016. Ma, nello specifico, nel 2020 il numero di casi segnalati è stato di circa il 5% più basso rispetto al 2019. Il 31,3% dei casi di sifilide I-II è stato segnalato in uomini eterosessuali, il 59,6% in MSM e il 9,1% in donne. Le diagnosi di sifilide I-II sono state più frequenti nei soggetti di età uguale o maggiore a 45 anni (9,0%). Vista la situazione, la USPSTF americana ha emesso una energica riconferma di raccomandazione per lo screening, ribadendo con assoluta certezza che esiste un sostanziale beneficio netto dello screening in soggetti non in gravidanza, che sono a rischio aumentato di infezione. Sarà presto disponibile una analoga riconferma per lo screening delle donne in gravidanza. Infatti, secondo il rapporto, basato sui dati forniti dal territorio, se la sifilide in generale è aumentata del 74% tra il 2015 e il 2019, la sifilide congenita lo è addirittura del 279%, con 2000 casi registrati e 128 bambini morti, senza tralasciare che l’infezione può causare anomalie neonatali e meningite. Questo non ha senso, perché esistono screening dell’infezione e precise linee guida nazionali e internazionali che lo raccomandano; peraltro, la malattia può essere facilmente curata con la penicillina. Evidentemente “ci sono della falle nel sistema” oppure le donne non vengono testate in modo corretto durante la loro gravidanza. Il test va fatto nel terzo trimestre; nel primo non è sufficiente, perché le donne possono fare sesso anche durante la gravidanza.
Chlamydia e gonorrea
Secondo il rapporto del CDC, nello stesso periodo, le infezioni da Chlamydia sono aumentate del 19% in 4 anni, e la gonorrea del 56%. Sebbene la diagnosi di Chlamydia sia generalmente posta più spesso nelle donne che negli uomini, l’aumento in questi ultimi è stato del 32%. L’incremento di Chlamydia e gonorrea negli uomini, specialmente MSM, che già dal 2013 era più rapido che tra le donne, può essere dovuto ad un aumento dello screening e dei test diagnostici, all’aumento della trasmissione o a entrambi. Molti MSM non hanno più rapporti protetti, perché temono di meno l’infezione da HIV. Infatti, possono beneficiare della profilassi pre-esposizione o hanno livelli di HIV non rilevabili a causa del trattamento. Per accedere alla profilassi i soggetti si devono sottoporre a screening molto più frequentemente che in passato: bisogna tenere conto del fatto che durante la pandemia mancavano i tamponi per lo screening, che anche pazienti di ogni specialità non hanno più fatto i controlli programmati e che molti medici specialisti in malattie infettive sono stati re-indirizzati verso la cura di COVID. In Italia le segnalazioni di gonorrea sono raddoppiate negli ultimi cinque anni: in particolare, nel 2019 rispetto al 2000 i casi di gonorrea sono aumentati di circa tre volte e mezzo, sia negli MSM che nelle donne.
“Popolazione chiave” e altre IST
Questo termine, di recente introduzione in medicina, indica gruppi definiti di persone che, per specifici comportamenti ad alto rischio, spesso implicanti anche problemi legali e sociali, sono più vulnerabili all’infezione da HIV, indipendentemente dal tipo epidemico o dal contesto locale.
Ne fanno parte lavoratori del sesso, gay e uomini che fanno sesso con uomini (MSM), transgender, tossicodipendenti, detenuti in carcere, o soggetti che vivono in comunità marginalizzate e spesso criminalizzate. In tali gruppi sono in aumento focolai di altre malattie non classicamente trasmesse per contatto sessuale, come Shigella sonnei, epatite A, Neisseria meningitidis, Zika, Ebola. Ci sono anche segnalazioni sulla re-emergenza di IST ormai neglette, come il Mycoplasma genitale e il linfogranuloma venereo (LGV). Dal primo gennaio 2022, i casi di vaiolo delle scimmie sono cresciuti esponenzialmente in Paesi non endemici per la malattia. La maggior parte dei casi ha una storia di contatto sessuale, per lo più è identificato nei servizi di salute sessuale e riguarda in maggioranza, ma non esclusivamente, MSM. E per finire, l’aumento della resistenza agli antibiotici per Neisseria gonorrhoea e Mycoplasma genitale preoccupa per le limitate possibilità di trattamento e la ricerca di opzioni di cura più complicate.
Conclusioni
Adesso che il Covid dà una tregua, sono ripresi gli studi per approfondire il come e il perché di questi aumenti, e come fronteggiarli. La OMS ritiene che al 2030 le IST saranno un problema di salute pubblica. Per questo motivo, la stessa fa appello alle Nazioni per aumentare I fondi ai Servizi per le IST, focalizzandoli sulla prevenzione, i test e il trattamento, e invita caldamente le persone a non farsi influenzare dalla stigmatizzazione, dalle accuse di responsabilità o dalla vergogna. Questi atteggiamenti rendono più difficile eliminare o rallentare i focolai, perché possono impedire alle persone dal rivolgersi ai Servizi. L’approccio di ogni Paese deve essere flessibile e multidisciplinare per affrontare i cambiamenti epidemiologici in atto, fornendo modelli differenziati per venire incontro ai bisogni delle diverse popolazioni.
Riferimenti
CDC. Sexually Transmitted Disease Surveillance. https://www.cdc.gov/std/statistics/2020/announcement.htm
ISS. Infezioni Sessualmente trasmesse. https://www.epicentro.iss.it/ist/epidemiologia-europa
WHO. STIs in 2022: Emerging and Re-emerging Outbreaks. https://www.who.int/news/item/02-09-2022-stis-in-2022-emerging-and-re-emerging-outbreaks
The Global Fund. Key Populations. https://www.theglobalfund.org/en/key-populations/