Contagio da SARS-CoV-2: minor rischio nell’infanzia?


Gli studi su COVID 19, a disposizione sino ad ora, hanno dimostrato che il grave quadro della malattia si sviluppa attraverso tre successive fasi.

1) Una volta inalato, SARS-CoV-2 si lega alle cellule ciliate della mucosa nasale e inizia a replicare: il recettore cellulare principale che permette la penetrazione del virus all’interno della cellula è l’Enzima di Conversione dell’Angiotensina 2 (ACE 2). In questo stadio la risposta immunitaria innata locale è molto limitata, il virus si propaga, può essere rilevato da tamponi nasali, e la persona infettata può trasmettere ad altri il virus.

2) Successivamente, SARS-CoV-2 migra lungo il tratto respiratorio: viene innescata una risposta immunitaria innata locale più robusta, e l’infezione diviene clinicamente manifesta. Nell’80% circa dei pazienti contagiati i sintomi sono modesti e prevalentemente localizzati alle vie aeree superiori e all’albero tracheobronchiale.

3) Nel 20% dei casi il virus si diffonde a livello polmone, penetra nelle cellule alveolari al cui interno replica; viene prodotto un gran numero di particelle virali, che a loro volta infettano cellule adiacenti. Il risultato finale è un danno alveolare diffuso per il cui recupero è importante sia la risposta immunitaria, innata e acquisita, che la rigenerazione delle cellule distrutte dal virus.

Nel corso dell’attuale pandemia si sarebbe evidenziato che, nel bambino, COVID-19 assume molto raramente le caratteristiche sopra descritte; nella maggior parte dei casi i sintomi sono assenti o del tutto modesti.  Tra le ipotesi che giustificherebbero tale andamento vi era che la minore gravità fosse correlata alla mancata penetrazione di SARS-CoV 2 all’interno della cellula, a causa di una insufficiente espressione di recettori ACE2 per il virus.

Partendo da tale ipotesi, ricercatori   del Mount Sinai Health System di New York hanno voluto studiare l’espressione del gene ACE2 in 305 campioni di mucosa nasale di individui di età compresa tra 4 e 60 anni: è risultato che l’espressione del gene ACE2 era più bassa in campioni provenienti da soggetti molto giovani. Con la regressione lineare, utilizzando come variabile dipendente l’espressione del gene ACE2 e come variabile indipendente la fascia di età, si è evidenziato che rispetto ai bambini della prima infanzia, l’espressione del gene ACE2 tendeva ad aumentare in modo significativo nella seconda infanzia (P = 0,01), e ancor di più in giovani adulti (P <.001) e adulti (P=.001).

I risultati dello studio sembrerebbero pertanto rafforzare l’ipotesi di partenza: in soggetti molto giovani la minor frequenza e minor gravità di COVID-19 sarebbe correlata alla ridotta espressione di recettori per SARS-CoV-2, ancoraggio obbligato prima della penetrazione endocellulare.

Riferimenti

Supinda Bunyavanich.

Nasal Gene Expression of Angiotensin-Converting Enzyme 2 in Children and Adults.

https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2766524