Cercando in PubMed, il database delle pubblicazioni mediche mondiali, la seguente frase: “lezioni imparate da COVID-19”, otteniamo 4840 risultati, una lunga lista di articoli di opinionisti, rassegne e documenti di consenso che ci dicono cosa possiamo imparare dalla nostra recente esperienza con la pandemia COVID. Contemporaneamente, 138 allevamenti di animali da latte negli USA hanno registrato focolai di influenza aviaria H5N1, mentre la Repubblica Democratica del Congo (DRC) ha segnalato un focolaio di mpox (vaiolo delle scimmie) con 23.626 casi, con scarsi indizi che si riesca presto a limitare le due malattie (dati di luglio 2024, n.d.r.). La mancanza di urgenza e le dimensioni dei provvedimenti di risposta sono decisamente frustranti e fanno sorgere la domanda se abbiamo imparato qualcosa dall’esperienza Covid.
La pandemia COVID -19 ha messo in evidenza la necessità di azioni tempestive, di test su larga scala, di condivisione trasparente dei dati, e di una risposta forte dei Sistemi Sanitari Pubblici. Invece, non è assolutamente chiaro quante fattorie e quanti capi siano state testati per il virus altamente patogeno dell’influenza H5N1, dove e quando i test sono stati fatti e su quanti campioni sia stato eseguito il sequenziamento. Il test è per lo più su base volontaria, il reclutamento è lento: quindi, la reale estensione dei focolai non è nota. Allo stesso modo, mentre sono stati confermati 4 casi di H5N1 nell’uomo, soltanto 53 persone in tutto sono state testate, numero evidentemente troppo basso. Alle fattorie colpite dai focolai è stato fornito un supporto limitato, come limitate sono state le misure adottate per contenere la diffusione. Naturalmente qui non si tratta di pollame, dove è molto più facile contenere focolai di malattia, dato che il valore di un pollo è enormemente inferiore a quello di una mucca: l’abbattimento appare ovvio come primo provvedimento, tenendo anche presente che comunque molti individui già morirebbero a causa dell’infezione. Inoltre, il mondo ha alle spalle decine di anni di esperienza nel fronteggiare focolai di malattie nel pollame.
Tuttavia, c’è da essere costernati constatando quanto scarso progresso sia stato compiuto da quando le infezioni dei bovini sono state segnalate la prima volta, nel marzo 2024, in diversi Stati USA. Bisogna intervenire subito per fermare questo virus. Barlumi di speranza sono legati agli annunci di aumento dei finanziamenti a sostegno delle fattorie colpite, concessi anche nella consapevolezza che H5N1 può causare devastanti epidemie anche nel pollame. Il Governo Federale USA ha stanziato una somma enorme per la ricerca di un vaccino, ma reagire solo quando la malattia si diffonde anche negli umani, sarebbe molto più costoso. Questo è il dilemma della preparazione a una pandemia: prima, sembra sempre di spendere troppo; in retrospettiva, se la pandemia si realizza, sarà chiaramente troppo poco e, se non si realizza, sarà troppo. Non è attualmente possibile calcolare il rischio di una pandemia da H5N1, che ha molte interazioni con l’uomo e pochi provvedimenti per cercare di fermarlo.
Oltre alla necessità di interventi tempestivi ed agili, la pandemia COVID-19 ha anche evidenziato gli effetti devastanti delle disuguaglianze. Sono anni che l’Africa ha focolai di mpox, e quello attuale nella Repubblica Democratica del Congo (DRC) sta aumentando fino a raggiungere un numero di casi pari a quello dell’intera Europa nel periodo 2022-2023. Ma, mentre l’Europa fa campagne di sensibilizzazione e dispone di vaccini e farmaci anti-virali, la DRC non ha nulla di tutto ciò. È da notare che l’attuale focolaio africano di mpox ha una mortalità globale del 4,9% e che il 39% di tutti i casi sono bambini, di cui il 62% muore. Inoltre, è dimostrato che il virus può essere trasmesso per via sessuale e che ne è stata identificata una nuova variante del ceppo più patogeno. Bisogna dire “grazie” agli scienziati congolesi e ai loro collaboratori per queste scoperte, frutto delle loro ricerche sul focolaio, per il sequenziamento del virus, e per l’aperta condivisione dei dati. È anche lodevole che alcuni Paesi ricchi abbiano donato vaccini, per cui la DRC ora possiede due vaccini approvati: ma l’Africa avrebbe già dovuto disporne parecchi anni fa.
Chiediamoci di nuovo: abbiamo imparato qualcosa dalla pandemia COVID -19? Non molto, a giudicare da come si affrontano i focolai di mpox e influenza H5N1. O forse l’insegnamento non è stato assimilato dalle persone giuste. Una visione cinica della realtà dice che, invece di produrre tanti articoli biomedici sulle “lezioni apprese”, il mondo si sarebbe dovuto focalizzare piuttosto sulle lezioni politiche impartite dal devastante impatto economico della pandemia, e su quanto e come il comportamento della classe politica di un Paese sia stato influenzato dalla preoccupazione per i consensi elettorali alle successive rispettive elezioni. Tuttavia, questo non è compito delle riviste mediche: queste devono solo “stressare” il fatto che il tempo di reagire è adesso, prima che ci arrivi addosso la prossima pandemia.
Appendice. Secondo WHO, tra gennaio 2023 e maggio 2024 sono state segnalati circa 900 casi di infezione umana, confermata in laboratorio, da parte del virus di influenza aviaria H5N1, dei quali più della metà sono stati mortali. Il virus è in costante evoluzione e, potenzialmente, potrebbe diventare facilmente trasmissibile da un individuo ad un altro. Se ciò accadesse, il pericolo di una nuova pandemia sarebbe reale.
Riferimenti
Editorial. Have we learned anything? The Lancet Infectious Diseases, August 2024. doi: 10.1016/S1473-3099(24)00439-0. https://www.thelancet.com/journals/laninf/article/PIIS1473-3099(24)00439-0/fulltext
WHO. Influenza: A(H5N1). Q&A. May 16,2024. https://www.who.int/news-room/questions-and-answers/item/influenza-h5n1
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