Impatto di Omicron, la nuova variante


Nel novembre 2021, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito “preoccupante” (Variant of Concern, VOC) la variante B.1.1.529 di SARS-CoV-1, nota come Omicron. La variante differisce dalle precedenti per la presenza a livello della proteina spike di 26-32 mutazioni, associate ad una maggiore trasmissibilità.

Sono in progressivo aumento ricerche che cercano di chiarire come evolverà la pandemia: sulla base di dati in continua evoluzione, OMS pubblica periodici aggiornamenti.  A inizio anno è stato diffuso un documento tecnico in cui sono elencati gli aspetti clinico epidemiologici che stanno caratterizzando l’attuale ondata pandemica, insieme al tipo di risposte che la scienza dovrà fornire per mitigarne gli effetti.

Di seguito gli ambiti in cui dovrà concentrarsi l’allerta nei confronti di SARS-CoV-2.

  • Rischio globale. Il rischio complessivo è molto elevato; Omicron infatti si diffonde molto più rapidamente e ampiamente della variante Delta. Il rapido incremento comporterà un aumento delle ospedalizzazioni, mettendo a rischio i Sistemi Sanitari, con una morbilità che colpirà prevalentemente popolazioni vulnerabili. Differenti fattori potrebbero favorire tale condizione: maggiori trasmissibilità e patogenicità di Omicron rispetto a precedenti varianti; grado di protezione indotta dal vaccino o da una pregressa infezione; quanto la popolazione comprende tali dinamiche, ha percezione del rischio e adotta misure di controllo, comprese quelle di salute pubblica e sociale.
  • Impatto sull’epidemiologia. Vi sono prove che Omicron abbia un sostanziale vantaggio di crescita rispetto a Delta: la diffusione è molto più veloce e sembrerebbe correlarsi a evasione immunitaria, vale a dire al fatto che la risposta immune indotta dal vaccino, o dalla malattia, non è sufficiente ad impedire la diffusione. Rimane da chiarire se invece tale condizione dipenda da un’aumentata trasmissibilità intrinseca. Per quanto riguarda la gravità clinica di pazienti contagiati da Omicron, dati provenienti dai Paesi in cui il virus si è inizialmente diffuso (Sud Africa, Danimarca, Canada e Inghilterra) evidenzierebbero un minor rischio di ospedalizzazione rispetto a Delta. Inoltre, come avvenuto con le precedenti varianti, la gravità risulterebbe maggiore in anziani, soggetti con malattie associate e soggetti non vaccinati.
  • Impatto su test diagnostici. L’accuratezza diagnostica di test PCR e di test antigenici di rilevamento rapido dell’antigene (Ag-RDT) non sembrerebbe influenzata da Omicron: sono risultati che necessitano di conferme e, al proposito, sono in atto studi che confrontano la sensibilità di differenti test Ag-RDT.  Inoltre, la maggior parte di varianti Omicron possiede una delezione nel gene S, che potrebbe causare un fallimento nell’identificazione del bersaglio di tale gene  da parte di test PCR.
  • Impatto sull’immunità secondaria a vaccinazione o a infezione. Dati preliminari indicano che in soggetti con vaccinazione primaria e in coloro che hanno superato una precedente infezione è presente una riduzione di anticorpi neutralizzanti Omicron; inoltre, in Paesi in cui si è inizialmente diffusa la nuova variante è segnalato un aumentato rischio di reinfezione, a conferma della potenziale capacità di evadere la risposta immunitaria. Nel prevenire l’infezione e la malattia severa, i vaccini attualmente in uso  (vaccini mRNA, Ad26.COV2.S e AstraZeneca-Vaxzevria) avrebbero efficacia inferiore rispetto a quanto verificato per la variante Delta: si tratta tuttavia di studi preliminari basati su di un numero limitato di pazienti. Dosi di richiamo aumenterebbero l’efficacia vaccinale.
  • Impatto su tropismo e patogenicità. Rispetto a Delta  e al virus selvaggio, Omicron sembrerebbe avere un potenziale tropismo per le vie aeree superiori e, in studi su animali, avrebbe dimostrato di possedere una  minore patogenicità.  
  • Impatto sul trattamento. Terapie utilizzate per la cura del paziente con malattia severa e che interferiscono sulla risposta dell’ospite (Corticosteroidi e bloccanti il recettore di interleuchina-6) dovrebbero mantenere la loro efficacia; potrebbe invece risultare compromessa l’attività neutralizzante da parte di anticorpi monoclonali anti SARS-CoV-2, sviluppati prima della comparsa della nuova variante.

Quanto sopra fa comprendere che la pandemia è ben lungi dall’essere in estinzione, ma assume nuove caratteristiche che vanno approfondite dal punto di vista della ricerca e di sanità pubblica e, non ultimo, che tutti i Paesi devono trovare modi di convivere con SARS-CoV-2, riducendo al minimo i suoi danni.

Per coloro che avevano ipotizzato l’uscita dal tunnel nel 2021, l’arrivo di Omicron è stato un duro contraccolpo.  Più che far piani per un ritorno alla vita che conoscevamo prima della pandemia, il 2022 sarà l’anno in cui il mondo dovrà fare i conti con un virus che è qui per restare.

Riferimenti

WHO. Enhancing response to Omicron SARS-CoV-2 variant. 7 January 2022. Technical document. https://www.who.int/publications/m/item/enhancing-readiness-for-omicron-(b.1.1.529)-technical-brief-and-priority-actions-for-member-states